In un contesto costantemente in evoluzione quale quello descritto, si è innestata la disciplina di attuazione della direttiva Ue 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (c.d. Direttiva Insolvency), che -come noto- si prefigge l’implementazione delle legislazioni nazionali per favorire le ristrutturazioni del debito delle imprese in crisi prevedendo -fra le altre cose e per quanto di interesse nella presente sede- la ristrutturazione trasversale (cross class cram down, nel testo in lingua inglese della direttiva), ossia la possibilità di omologare piani di ristrutturazione pur in difetto del voto della maggioranza dei creditori[7].
Col decreto legislativo di attuazione della direttiva -cd. decreto Insolvency[8]- il legislatore italiano ha optato per il recepimento dell’istituto della ristrutturazione trasversale nell’ambito del concordato preventivo in continuità incidendo sul testo dell’art. 112 CCII[9].
L’originaria disciplina che prevedeva l’omologare dei piani di ristrutturazione malgrado il dissenso degli enti impositori -già contenuta nell’art.48 co.5 dell’originario testo del codice della crisi- è stata poi sdoppiata e collocata: per quanto riguarda gli accordi di ristrutturazione nel corpo dell’art.63 CCII (“Transazione su crediti tributari e contributivi”), per quanto riguarda i concordati nel corpo dell’art. 88 CCII (“Trattamento dei crediti tributari e contributivi”).
E proprio l’incipit dell’art. 88 CCII innestato dal D.Lgs. 83/2022 che recita: “fermo restando quanto disposto dall’art. 112” è il fulcro della problematica interpretativa che si pone nella presente sede, posto che -avendo quest’ultimo decreto legislativo fissato regole processuali profondamente diverse per i concordati liquidatori e quelli in continuità- così come strutturato l’attuale testo dell’art. 88 CCII potrebbe non essere chiaro se la possibilità di omologare i piani malgrado la mancanza di adesione degli enti sia consentita per qualsiasi tipo di concordato ovvero sia circoscritta al solo concordato liquidatorio[10].
Da più parti si è infatti sostenuto che tutta la disciplina sull’omologa del concordato in continuità (ivi compresa la possibilità di omologare tramite il meccanismo della ristrutturazione trasversale) si andrebbe ad aggiungere -e non a sostituire- a quella che consente l’omologa per difetto di adesione degli enti impositori[11] e ciò nella prospettiva interpretativa di consentire l’impiego di uno strumento che agevola l’omologa del concordato in continuità, posto che la direttiva unionale si prefigge proprio di prediligere la continuità[12].
Per agevolare l’individuazione di una soluzione esegetica che tenga conto dei diversi istituti e delle diverse ratio che animano le disposizioni in commento, appare utile un’analisi del testo dell’art. 88 CCII, così modificato dal decreto Insolvency.
Omettendo al momento commenti sull’incipit già menzionato, il primo comma dell’art. 88, comma 1, CCII disciplina le condizioni alle quali è consentito all’imprenditore di offrire al creditore erariale e previdenziale un pagamento falcidiato del credito[13], con una disposizione che ricorda molto quella già fissata dall’art. 160, comma 2, L. fall. per la falcidia dei creditori privilegiati nel concordato preventivo e nell’ 124, comma 3, L. fall. nel concordato fallimentare.
Si tratta di una regola -valevole tanto per il per concordato liquidatorio, quanto per quello in continuità- di distribuzione del valore dell’attivo rispetto agli altri creditori, improntata alla regola della cd. priorità assoluta e secondo cui non solo non può essere offerto al creditore privilegiato meno di quanto lo stesso potrebbe ottenere nell’ambito di una procedura liquidatoria, ma comunque il trattamento ad esso proposto non può essere deteriore rispetto a quello offerto ai creditori di rango inferiore.
Il secondo comma dell’art. 88 CCII -sempre come modificato dal decreto Insolvency- prevede poi che la proposta di falcidia sia accompagnata da una relazione che attesti che quanto offerto agli enti impositori sia più conveniente: “rispetto alla liquidazione giudiziale”, se trattasi di concordato liquidatorio, ovvero preveda: “un trattamento non deteriore”, se trattasi di concordato in continuità.
Si tratta sempre di una ulteriore regola di distribuzione del valore che, tuttavia, non guarda alla misura di soddisfazione degli altri creditori, bensì impone un confronto coi possibili scenari alternativi al piano di ristrutturazione proposto.
Il decreto Insolvency ha poi introdotto il comma 2 bis che prevede la possibilità di omologare il concordato malgrado la mancanza di adesione degli enti previdenziali, fiscali e impositori quando questa: “è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’art. 109 comma 1”. L’art. 109, comma 1, CCII -a sua volta- esclude espressamente dal suo perimetro di applicazione il concordato in continuità, la cui regola di approvazione è invece dettata dal successivo comma 5.
Si tratta quindi non più di una regola di distribuzione del valore, bensì di una regola per l’omologa, ossia la disciplina dei presupposti processuali per poter omologare il piano. Regola che, peraltro, come letteralmente articolata riguarda la sola omologa del concordato liquidatorio[14].
La regola per l’omologa nell’ipotesi di concordato in continuità è stata invece spostata nell’incipit dell’art. 88, comma 1, CCII da cui si è partiti perché -introducendo la locuzione: “fermo restando quanto previsto, per concordato con continuità aziendale, dall’art. 112, comma 2,”- sostanzialmente rimanda -anche nell’ipotesi di piano che preveda falcidia di credito fiscale o previdenziale- alle regole generali dettate per l’omologa del concordato in continuità.
La particolarità che appare interessante segnalare è che la regola sull’omologa così individuata fissa -implicitamente- anche una regola sulla distribuzione del valore perché -al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 112, comma 2, CCII- sul valore derivante dalla continuità l’erario potrebbe essere soddisfatto anche secondo la regola della priorità relativa, in luogo di quella assoluta, come qualsiasi altro creditore.