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Saggio

Composizione negoziata della crisi: mancata nomina dell’esperto e autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili ex art. 10, primo comma, D.L. n. 118/2021. Brevi riflessioni*

Annamaria Dentamaro, Associato di diritto commerciale nell’Università di Foggia

28 Febbraio 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.

Visualizza: Trib. Treviso, 22 dicembre 2021, Est. Casciarri

In un recente Decreto il Tribunale di Treviso ha sostenuto che la mancata nomina dell'esperto indipendente non è condizione necessaria per dar corso all'autorizzazione ex art. 10, primo comma, D.L. 118/2021 alla contrazione di finanziamenti prededucibili. L'Autrice analizza in chiave critica il provvedimento, soffermandosi sulla collocazione temporale di quest'ultima disposizione nell'ambito della più ampia procedura della composizione negoziata della crisi e sul ruolo svolto dall'esperto nella fase di avvio delle trattative.
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1 . Composizione negoziata: mancata nomina dell’esperto e autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili ex art. 10, primo comma, D.L. n. 118/2021
In un recentissimo Decreto [1], il Tribunale di Treviso ha sostenuto che la mancata nomina dell’esperto non è condizione necessaria per dar corso all’autorizzazione ex art. 10 D.L. 118/2021, ciò desumendo dalla formulazione dell’art. 7 del D.L. 118/2021 che richiede espressamente l’accettazione dell’esperto per la conferma delle misure protettive e cautelari mentre l’art. 10 D.L. 118/2021 si limita a prescrivere che su richiesta dell’imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori, autorizza quest’ultimo a contrarre finanziamenti prededucibili [2].
Secondo il Tribunale, dunque, l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 10 D.L. 118/2021 sarebbe attività completamente sganciata o potenzialmente sganciata dalla figura dell’esperto indipendente di cui all’art. 2 D.L. 118/2021 e solo subordinata all’accertamento da parte del giudice adito della funzionalità dei finanziamenti alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori (ai fini del quale il giudice in composizione monocratica può avvalersi, come avvenuto nel caso di specie, di ausiliari ai sensi dell’art. 68 c.p.c.). Non si tratta dunque del se ai fini dell’art. 10 D.L. 118/2021 l’acquisizione del parere dell’esperto indipendente, assunto nell’ambito delle necessarie informazioni di cui al terzo comma dell’art. 10 D.L. 118/2021, sia o meno obbligatoria o se il parere acquisito sia o meno vincolante per il Tribunale [3], ma, a monte, della stessa presenza della figura dell’esperto indipendente nel momento della presentazione dell’istanza del debitore al Tribunale per contrarre finanziamenti prededucibili.
Manca tuttavia nel provvedimento in commento un qualunque ragionamento circa l’esatta collocazione temporale dell’art. 10, primo comma, D.L. 118/2021 nell’ambito della più ampia procedura della composizione negoziata della crisi, ma, ancor più, in ordine al ruolo svolto dall’esperto indipendente nella fase di avvio delle trattative. Ed è proprio con riguardo a tali aspetti che la decisione del Tribunale di Treviso suscita non pochi dubbi: può davvero il primo comma dell’art. 10 D.L. 118/2021 operare al di fuori e a prescindere dall’avvio di trattative ex art. 5, quarto comma, D.L. 118/2021?
2 . Presupposto oggettivo di applicazione della disciplina della composizione negoziata della crisi
Per meglio comprendere, è utile svolgere qualche considerazione in ordine al presupposto oggettivo di applicazione della disciplina della composizione negoziata della crisi ed al ruolo svolto, con riguardo ad esso, dall’esperto indipendente di cui all’art. 2 D.L. 118/2021.
Sotto il profilo oggettivo, recita il primo comma dell’art. 2 D.L., che alla procedura possono accedere gli imprenditori che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa [4]. Come precisato nella Relazione illustrativa al D.L. 118/2021, si tratta delle imprese che hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato anche attraverso la cessione d’azienda o di un ramo di essa. 
Dalla disciplina introdotta, con riguardo al presupposto oggettivo applicativo, si evincono tre condizioni applicative:
- lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario 
- la probabilità della crisi o dell'insolvenza
- la ragionevole perseguibilità del risanamento dell'impresa.
L’art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 ha introdotto una ulteriore forma di patologia dell’impresa che, per quanto osservato in dottrina, «con il suo riferimento alle dimensioni patrimoniale, economica e finanziaria, spazia attraverso tutto ciò che genericamente viene ricondotto ad una situazione di difficoltà (in senso atecnico) del fare impresa» [5]. Di estrema importanza è dunque il secondo presupposto richiesto dalla medesima disposizione ovvero trattarsi di uno squilibrio che rende probabile la crisi o l’insolvenza.
Volendo utilizzare la terminologia contenuta nel C.C.I. (evidentemente nota al redattore del D.L.), è necessario rifarsi alle lett. a) e b) dell’art. 2 C.C.I., che rispettivamente definiscono lo stato di crisi come «lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate» e lo stato di insolvenza come «lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni».
Il quadro normativo che emerge non è in vero dei più chiari. Lo squilibrio di cui all’art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 dovrebbe infatti coincidere con una situazione che rende probabile (a) la crisi di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I. o (b) l’insolvenza di cui all’art. 2, lett. b), C.C.I.
Se si considera che la crisi di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I. è di per sé comunemente intesa quale situazione di probabile insolvenza ex art. 2, lett. b), C.C.I., si dovrebbe concludere che la prima situazione di squilibrio presupposta dalla procedura è quella che rende probabile la (crisi ovvero) la probabilità di insolvenza [6]. Ed ancora, se lo squilibrio oggetto di disciplina è anche quello che rende probabile l’insolvenza ex art. 2, lett. b), C.C.I. [e poiché nella crisi dell’art. 2, lett. a), C.C.I. si vede una probabilità di questa insolvenza], la seconda situazione di squilibrio che ex art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 rende probabile l’insolvenza coinciderà con la crisi stessa di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I.
Ne deriva che la procedura di composizione negoziata della crisi cui l’imprenditore potrebbe accedere (o dovrebbe accedere, per quanto oltre si vedrà, ai sensi dell’art. 15 D.L. 118/2021) coprirebbe un arco temporale che va dalla probabilità della crisi di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I. (e sarebbe questo un arco temporale fino ad oggi sprovvisto di una disciplina ad hoc) alla crisi stessa di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I.
Quanto meno la lettera dell’art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 sembra perciò escludere dall’ambito applicativo della procedura di composizione negoziata della crisi le imprese in stato di insolvenza ex art. 2, lett. b), C.C.I. ed in questi termini parrebbe deporre anche l’opzione in sede di conversione del D.L. 118/2021 di lasciare intatta l’originaria formulazione di questa disposizione a fronte della proposta modifica. 
Si ricorda infatti che la proposta di modifica in sede di emendamento di questa disposizione prevedeva la sostituzione delle parole«in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza» con le parole «in stato di crisi o in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che la rendono probabile» e che, per quanto si legge nella motivazione all’emendamento, con questa modifica si intendeva eliminare il riferimento all’insolvenza in quanto concetto già ricompreso in quello di crisi così accentuando la funzione della composizione negoziata quale strumento di recupero delle imprese risanabili.
Deve tuttavia prendersi atto che l’impianto normativo è tutt’affatto che lineare e ciò ove si considerino altre disposizioni che depongono nel senso di ritenere incluse nel perimetro applicativo della disciplina anche le imprese insolventi, sempre che, prosegue l’art. 2, primo comma, D.L. 118/2021, risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa (condizione quest’ultima che, sebbene riferita ad ogni situazione di squilibrio, assume con riguardo all’insolvenza una vera e propria funzione di linea spartiacque tra imprese insolventi ammesse e imprese insolventi non ammesse). 
Si considerino in questo senso non solo il decreto dirigenziale attuativo del 28 settembre 2021, ma anche l’art. 9, primo comma, D.L. 118/2021 come emendato in sede di conversione.
Si legge nella Sezione III, Protocollo di conduzione della composizione negoziata, paragrafo 2.4. che se l’esperto ravvisa, diversamente dall’imprenditore, anche a seguito dei primi confronti con i creditori, la presenza di uno stato di insolvenza, questo non necessariamente gli impedisce di avviare la composizione negoziata. Occorre però che l’esperto reputi che vi siano concrete prospettive di risanamento che richiedano, per essere ritenute praticabili, l’apertura delle trattative, perché dovranno essere valutate sulla base della effettiva possibilità di accordi con i creditori o di una cessione dell’azienda i cui proventi consentano la sostenibilità del debito. Si terrà conto del fatto che, a fronte (i) di una continuità aziendale che distrugge risorse, (ii) dell’indisponibilità dell’imprenditore a immettere nuove risorse, (iii) dell’assenza di valore del compendio aziendale, le probabilità che l’insolvenza sia reversibile sono assai remote indipendentemente dalle scelte dei creditori, e dunque che in questi casi è inutile avviare le trattative.
Ma si consideri anche l’art. 9 D.L. 118/2021 avente a oggetto la «Gestione dell’impresa in pendenza delle trattative». Recita il primo comma di questa disposizione che «Nel corso delle trattative l'imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa. L'imprenditore in stato di crisi gestisce l'impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell'imprenditore».
3 . Sulla rilevazione dello squilibrio ex art. 2, primo comma, D.L. 118/2021
Come opportunamente colto da una parte della dottrina, nella nuova disciplina si coglierebbe una sorta di disinteresse da parte del legislatore in ordine al presupposto oggettivo di applicazione di questa disciplina: «non c’è un’autorità giudiziaria che accerti “a monte” l’esistenza delle condizioni di accesso all’istituto della CNC; detto accertamento non è svolto neppure dalla commissione che nomina l’esperto ai sensi dell’art. 3, che si trova a provvedere avvalendosi solo di una “nota sintetica contenente il volume d’affari, il numero dei dipendenti e il settore in cui opera l’impresa istante. L’impressione che, tutto sommato, sia quasi irrilevante accertare il significato della “probabilità di crisi o di insolvenza” sembrerebbe poi confermata dal fatto che l’esperto, dando avvio alla sua attività di negoziatore, deve valutare (soltanto) l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento (cfr. art. 5.5), a prescindere dalla gravità della crisi, e sempre (e solo) “se non ravvisa concrete prospettive di risanamento” procede all’archiviazione dell’istanza (forse, più correttamente, dell’intero procedimento)» [7].
Al contempo si osserva che intanto «si potrà prescindere da un “presupposto oggettivo” se e solo se la CNC si svolga e si chiuda esclusivamente su un piano di relazioni contrattuali. Se, cioè, l’imprenditore, con l’ausilio dell’esperto nominato, raggiunge con i suoi creditori (e con terzi non creditori) quegli accordi che di per sé sono in grado di risolvere la sua crisi (comunque questa si atteggi) e che, a grandi linee, sono riconducibili alle possibilità di uscita dal procedimento previste dall’art. 11.1 (ma anche il piano attestato di cui all’art. 11.3.a resta confinato ad una dimensione meramente contrattuale, sinché non se ne invochi l’esistenza in un’azione revocatoria), è del tutto irrilevante interrogarsi se quella crisi - che esisteva prima della nomina dell’esperto e che, dopo il reset dei rapporti obbligatori coinvolti dalla rinegoziazione, non dovrebbe esistere più - fosse o meno da qualificarsi in termini di insolvenza» [8]. 
Tuttavia, la disciplina introdotta non esclude in maniera assoluta l’intervento dell’autorità giudiziaria il cui intervento è previsto con riguardo alla attivazione delle misure protettive ex art. 6 o alle autorizzazioni ex art. 10 D.L. 118/2021. Non solo, ma «l’indagine sulla qualità della crisi evocata dall’art. 2 e, in particolare, sulla possibilità di comprendere nel suo ambito (come avviene nella “crisi” ex art. 160 l. fall.) anche lo stato d’insolvenza, s’impone anche ai fini dell’applicazione dell’ art. 15 in materia di “allerta interna”, perché sarà rilevante capire se, in presenza di uno stato di vera e propria insolvenza, l’organo di controllo “attenui” le proprie responsabilità anche solo sollecitando la nomina dell’esperto ovvero – qualora l’insolvenza non appartenga alle condizioni di cui all’art. 2 – detta sollecitazione sia perfettamente inutile e non integri un esatto adempimento degli obblighi dell’organo di controllo (dovendo questo invece procedere a sollecitare l’apertura di una vera e propria procedura concorsuale), con ogni conseguenza in termini di sua responsabilità in concorso con quella degli amministratori» [9].
In definitiva, se, da un canto, non può non prendersi atto che anche un’impresa insolvente può ricorrere alla Composizione negoziata della crisi, dall’altro, non possono trascurarsi quelle disposizioni, pure contenute nel D.L. 118/2021 – artt. 6 e 10 D.L. 118/2021 – che nella stragrande maggioranza dei casi (a fronte delle indubbie necessità delle imprese di proteggere il proprio patrimonio così come di ricorrere alla finanza prededucibile) finiranno per far transitare queste imprese d’avanti ad una autorità giudiziaria per la quale lo stato di insolvenza dell’impresa non solo dovrebbe a rigore impedire l’adozione dei provvedimenti richiesti – conferma misure protettive ai sensi dell’art. 7 D.L. 118/2021 e autorizzazione alla contrazione finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 10, primo comma, D.L. 118/2021 –, ma ex art. 38, secondo comma, C.C.I. imporrebbe di segnalare l’impresa insolvente al pubblico ministero ai sensi e per gli effetti di cui al primo comma della medesima disposizione [10]. 
Ciò che, per quanto subito evidente, finirebbe per trasformare questa procedura per la gran parte delle imprese insolventi (quanto meno per quelle che necessitano di misure protettive ex art. 6 D.L. 118/2021 e di finanziamenti prededucibili ex art. 10, primo comma, D.L. 118/2021) in un inutile fuoco di paglia.
Ciò senza trascurare che, per quanto già approfondito in altra sede [11], la procedura introdotta fornisce due canali di finanziamento: uno stragiudiziale e l’altro giudiziale.
4 . Squilibrio ex art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 e finanziamenti stragiudiziali
Pendente la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, la società che intende ricorrere alla nuova finanza potrà o procedere con la segnalazione all’esperto indipendente della decisione di contrarre un finanziamento (trattandosi normalmente di atti di straordinaria amministrazione) ex art. 9, secondo comma, D.L. 118/2021 nell’ambito dei suoi poteri di gestione o potrà ricorrere al Tribunale competente ex art. 10 D.L. 118/2021 ove intenda essere autorizzato a contrarre finanziamenti (oltre che da terzi, anche da soci o infragruppo [12]) prededucibili nelle procedure di cui al primo comma dell’art. 12 D.L. 118/2021 (accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, concordato preventivo omologato, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria o concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 18 D.L. 118/2021) ed il tribunale, concederà l’autorizzazione verificata «la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori» [13]. Ove si segua la prima procedura e si tratti di finanziamenti infragruppo, la segnalazione all’esperto senza dissenso iscritto comporterà l’esclusione del finanziamento dalla postergazione di cui agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.
Ci si chiede per quale ragione un’impresa che si trovi in una situazione di squilibrio ex art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 debba optare per un finanziamento previa segnalazione all’esperto (percorso stragiudiziale) anziché ad un finanziamento previa autorizzazione del tribunale (percorso stragiudiziale) posto che solo in quest’ultimo caso al finanziatore verrebbe garantito il beneficio della prededucibilità nella eventuale futura procedura di cui all’art. 12 D.L. 118/2021. Ciò pur senza trascurare che con riguardo ai finanziamenti infragruppo il ricorso alla procedura di cui agli artt. 9 e 13, nono comma, D.L. 118/2021 consentirebbe in ogni caso l’esclusione dalla postergazione ex artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.
Si potrebbe ritenere che l’impresa opterà per il finanziamento con segnalazione all’esperto quando non sia in grado di provare che il finanziamento sia funzionale rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori (v. incipit art. 10, primo comma, D.L. 118/2021) e per contro possa solo provare che lo stesso finanziamento non arrechi pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento (v. art. 9, terzo comma, D.L. 118/2021). 
La ragione potrebbe tuttavia essere un’altra ovvero la scelta da parte dell’impresa di mantenere un profilo stragiudiziale della procedura proprio quando il suo squilibrio è prossimo se non coincidente con uno stato di insolvenza. Ove infatti in questo caso ricorresse al tribunale ex art. 10 D.L. 118/2021, il tribunale in teoria difficilmente potrebbe autorizzare il finanziamento prededucibile e ove accertasse lo stato di insolvenza dovrebbe segnalarlo al pubblico ministero ai sensi dell’art. 38, secondo comma, C.C.I.
Né l’impresa che abbia optato per il mantenimento di un profilo stragiudiziale della procedura potrebbe giovarsi di quanto previsto dall’art. 6, quarto comma, D.L. 118/2021 secondo cui «dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata». Beneficio questo che riguarda le imprese che con l’istanza di nomina dell’esperto hanno chiesto l’applicazione di misure protettive del patrimonio, dunque imprese che non intendono mantenere un profilo stragiudiziale della procedura ai sensi dell’art. 7 D.L. 118/2021.
5 . La reversibilità dell’insolvenza
Se ciò è vero, è altrettanto vero che ben difficilmente un’impresa in stato di insolvenza, sebbene reversibile, riuscirebbe ad ottenere nuova finanza se non prededucibile ex art. 10, primo comma, D.L. 118/2021 nelle procedure di cui all’art. 12, primo comma, D.L. 118/2021 o a sopravvivere senza le misure protettive di cui all’art. 6 D.L. 118/2021.
Da qui la necessità di approfondire e dare un giusto risalto alla ulteriore condizione richiesta dal primo comma dell’art. 2 D.L. 118/2021 ai fini del ricorso alla composizione negoziata della crisi ovvero la risanabilità dell’impresa. Presupposto questo che, per quanto riferito nel primo comma dell’art. 2 D.L. 118/2021 ad ogni forma di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, assume con riguardo all’insolvenza un valore determinante, tale da distinguere il presupposto della insolvenza reversibile da quello della insolvenza irreversibile.
Come opportunamente colto in dottrina, è «necessario riconoscere che, nella presente situazione eccezionale di “illiquidità diffusa” causata da fattori esogeni, alcuni concetti chiave delle moderne legislazioni concorsuali non sono più sufficienti. Per evitare l’impoverimento strutturale e duraturo del tessuto economico e produttivo che conseguirebbe all’applicazione dei principi comuni, si suggerisce di affiancare al concetto di “insolvenza” quello di “risanabilità”» [14].
Ed è proprio in questi termini che va colto nella disciplina di specie l’arricchimento/l’integrazione del presupposto dell’insolvenza con quello della reversibilità [15] che finisce per rappresentare la condizione di maggior rilievo nella normativa ora introdotta, l’aspetto il più significativo di tutti, la valutazione del quale, non a caso, viene rimessa ad un organo tecnico quale l’esperto indipendente [16] e della quale l’autorità giudiziaria eventualmente adita nel corso delle trattative non può non tener conto.
Ne dovrebbe conseguire un ripensamento o quanto meno la necessità di un maggiore approfondimento della questione relativa ai poteri dell’autorità giudiziaria ex artt. 7 e 10 D.L. 118/2021 di fronte alla quale quasi certamente si imbatterà un’impresa insolvente pendente la composizione negoziata della crisi ex D.L. 118/2021 laddove si consideri che un’impresa insolvente in procedura è sì un’impresa insolvente, ma risanabile secondo la valutazione tecnica, professionale fatta dall’esperto indipendente. Valutazione che allora assume un valore inedito, ma centrale nella normativa di cui qui si discute e dal quale non può prescindersi.
Se queste riflessioni sono condivise, deve oggi prendersi atto che, quanto meno nello stato attuale di illiquidità diffusa determinata dalla crisi post pandemica, anche un’impresa insolvente, ma risanabile potrà chiedere misure a protezione del proprio patrimonio ai sensi degli artt. 6 e 7 D.L. 118/2021 o ricorrere a finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 10 D.L. 118/2021 senza il timore di incorrere nell’ambito applicativo del secondo comma dell’art. 38 C.C.I. e ciò in quanto è la reversibilità dell’insolvenza accertata dall’esperto indipendente che glielo consente.
Contromisura questa che, rispetto a quella della improcedibilità temporanea ex lege del fallimento adottata nell’immediatezza del lockdown e nella fase acuta del contagio, si presenta senza dubbio opportuna in un periodo di più lunga ed incerta durata di convivenza col virus [17]. 
Ed è senza dubbio questa la novità di maggior rilievo sistematico.
6 . Sulla eventualità del parere dell’esperto ex art. 10, primo comma, D.L. 118/2021 nel Decreto dirigenziale
Su tali premesse può comprendersi come, tornando al provvedimento in commento, ai fini di cui all’art. 10, primo comma, D.L. 118/2021 non possa ritenersi eventuale la nomina dell’esperto indipendente: necessaria sarà non tanto o non solo la nomina dell’esperto, ma l’avvio delle trattative per il significato che tale fase assume nella più ampia procedura della composizione negoziata della crisi.
Soluzione quest’ultima pure avvalorata da un passo del decreto dirigenziale, dal quale si evince che nella logica dell’art. 10 D.L. 118/2021 eventuale può al più essere la richiesta del parere dell’esperto da parte del Tribunale al fine della concessione dell’autorizzazione di cui si discute. In tal senso è il paragrafo 10.1 della Sezione III - Protocollo di conduzione della composizione negoziata - rubricato «Parere dell’esperto in caso di nuovi finanziamenti prededucibili», secondo cui «Qualora sia sentito dal tribunale in occasione della richiesta del debitore di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili da erogare nel corso della composizione negoziata, l’esperto – nella valutazione dell’utilità del finanziamento ad evitare un danno grave ed irreparabile alla continuità aziendale – potrà tener conto delle seguenti circostanze: i) se i finanziamenti siano funzionali al ciclo degli approvvigionamenti; ii) se occorrano per ristabilire la regolarità del pagamento delle imposte e quella del documento unico di regolarità contributiva (DURC) al fine di evitare la sospensione del titolo abilitativo o l’impedimento della partecipazione a gare e la stipula dei relativi contratti. L’esperto dovrà tenere conto inoltre della necessità che il finanziamento non pregiudichi la migliore soddisfazione dei creditori ed in particolare del fatto: a) che ci si attende un margine operativo lordo positivo, al netto delle componenti straordinarie, nel corso della composizione negoziata; b) oppure, in presenza di margine operativo lordo negativo, che esso sia compensato dai vantaggi derivanti ai creditori nel corso della composizione negoziata dalla continuità aziendale (ad esempio, attraverso un miglior realizzo del magazzino o dei crediti, il completamento dei lavori in corso, il maggior valore del valore del compendio aziendale rispetto alla liquidazione atomistica dei suoi beni)».
7 . Brevi considerazioni conclusive
L’impressione di chi scrive è, in conclusione, che a dispetto della lettera dell’art. 10, primo comma, D.L. 118/2021, che apparentemente parrebbe prescindere dalla nomina dell’esperto, dalla presenza di quest’ultimo non possa prescindersi. Collocato il primo comma dell’art. 10 D.L. 118/2021 (al pari della restante parte della disposizione) temporalmente pendenti le trattative della composizione negoziata della crisi, esso necessariamente presuppone il superamento della fase di avvio delle trattative ai sensi dell’art. 5 D.L. 118/2021 [18], fase – ed è questo l’aspetto che più conta – in cui l’esperto e nessun altro ha valutato sussistenti concrete prospettive di risanamento dell’impresa [19].
Né del resto, in un caso quale quello descritto nel provvedimento in commento, possono trascurarsi le conseguenze derivanti da una eventuale richiesta di archiviazione da parte dell’esperto successiva alla concessione dell’autorizzazione da parte del Tribunale alla contrazione di un finanziamento prededucibile. Ed infatti, nel caso di specie, ben potrebbe accadere che l’esperto nominato, successivamente, dopo avere accettato l’incarico, ex art. 5, quarto comma, D.L. 118/2021, valuti insussistenti le concrete prospettive di risanamento con conseguente richiesta di archiviazione della procedura.
Ma si è davvero certi che anche in questa ipotesi possano restare fermi gli effetti (ovvero, nel caso di specie, la prededucibilità dei finanziamenti autorizzati ex art. 10 D.L. 118/2021) degli atti autorizzati così come disposto dall’art. 12, primo comma, D.L. 118/2021? Oppure questa norma presuppone, per la sua applicazione, lo svolgimento di trattative poi sfociate in quelle procedure?
Si pensi ad una impresa minore che, tra le procedure di cui al primo comma dell’art. 12 D.L. 118/2021, potrebbe accedere al solo Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, il quale, tuttavia, presuppone, ex art. 18, primo comma, D.L. 118/2021 che l’esperto nella relazione finale dichiari che le trattative non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni di cui all’art. 11, commi 1 e 2, D.L. 118/2021 non sono praticabili.

Note:

[1] 
Tribunale di Treviso, sez. II civ., 22 dicembre 2021 – decr., su www.dirittodellacrisi.it.
[2] 
V. peraltro Trib. Firenze, 29 dicembre 2021, su www.dirittodellacrisi.it, secondo cui «In tema di composizione negoziata della crisi, ai fini della conferma delle misure protettive richieste dall’imprenditore, qualora le trattative non siano state ancora compiutamente avviate, ma siano in procinto di esserlo, e/o il piano di risanamento sia in costruzione, ma sia stato già depositato un previsionale/budget per i successivi tre anni, è sufficiente che dal parere reso dall’esperto emergano l’affidabilità e la correttezza della situazione contabile aggiornata allegata all’istanza di nomina, la completezza del quadro fornito dall’imprenditore nonché l’adeguatezza dell’assetto amministrativo della società».
[3] 
Sebbene non trascurabile sia al riguardo quanto ritenuto in dottrina. V. al riguardo S. Bonfatti, La nuova finanza bancaria, su www.dirittodellacrisi, 14 dicembre 2021, per il quale l’acquisizione del parere dell’esperto pur non essendo obbligatoria può (addirittura) ugualmente ritenersi «sistematica» e «potenzialmente condizionante il segno del provvedimento del Tribunale».
[4] 
Coerentemente con la distinta personalità giuridica dei singoli membri del gruppo e conseguente perdurante autonomia delle rispettive masse, dovrebbe propendersi per la soluzione, riguardo alla modalità di accertamento del presupposto di ammissione alla soluzione della crisi di gruppo, dell’accertamento del presupposto di ammissione in capo a ciascuna società. Senza al riguardo trascurare che «la dilatazione in funzione anticipatoria del presupposto oggettivo della composizione negoziata – il cui ventaglio spazia dalla mera “probabilità di crisi” sino alla insolvenza, purché reversibile – determina un ampliamento ulteriore del perimetro delle società del gruppo suscettibili di essere coinvolte nel percorso unitario di ristrutturazione» (N. Abriani e L. Benedetti, La nuova disciplina della composizione negoziata di gruppo: un laboratorio della riforma, cit.).
[5] 
A. Rossi, Composizione negoziata della crisi d’impresa: presupposti e obiettivi, su www.dirittodellacrisi.it, 25 ottobre 2021.
[6] 
A. Rossi, Composizione negoziata della crisi d’impresa: presupposti e obiettivi, cit.
[7] 
A. Rossi, Composizione negoziata della crisi d’impresa: presupposti e obiettivi, cit.
[8] 
A. Rossi, Composizione negoziata della crisi d’impresa: presupposti e obiettivi, cit.
[9] 
A. Rossi, Composizione negoziata della crisi d’impresa: presupposti e obiettivi, cit.
[10] 
V. Procura Generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione, Il ruolo del pubblico ministero nella crisi d’impresa tra legge fallimentare Codice della crisi e dell’insolvenza e decreto-legge n. 118/2021, 17 novembre 2021, con cui la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha tracciato un quadro accurato dei momenti nei quali si prospetta l’intervento del pubblico ministero nelle crisi d’impresa. V. A. Jorio, Composizione negoziata e pubblico ministero, su www.dirittodellacrisi.it, 22 dicembre 2021; M. Fabiani, Postilla allo scritto di Alberto Jorio dal titolo “Composizione negoziata e pubblico ministero”, su www.dirittodellacrisi.it, 22 dicembre 2021.
[11] 
A. Dentamaro, La nuova finanza nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex d.l. 118/2021, su www.dirittodellacrisi.it, 12 ottobre 2021.
[12] 
L’art. 10, primo comma, lett. c), D.L. 118/2021 non sembra avere ad oggetto i veri e propri finanziamenti infragruppo ove si intenda per finanziamento infragruppo quello intercorrente fra un finanziatore ed un sovvenzionato entrambi appartenenti al gruppo. Ed infatti l’art. 10, primo comma, lett. c), D.L. 118/2021 parrebbe riferirsi ad una società appartenente ad un gruppo che intende contrarre un finanziamento prededucibile nelle procedure di cui al primo comma dell’art. 12 D.L. 118/2021 a prescindere dall’appartenenza del finanziatore al gruppo. Ove però si consideri l’ambito applicativo delle precedenti lettere a) (finanziamento della società da terzi) e b) (finanziamento della società da soci) della medesima disposizione, potrà agevolmente individuarsi l’ambito applicativo della lett. c) come riferito ai finanziamenti infragruppo non sussumibili entro le fattispecie disciplinate dalle due lettere menzionate. Ancora con riguardo all’art. 10, primo comma, lett. c), D.L. 118/2021 è stato colto un più ampio ambito applicativo rispetto al nono comma dell’art. 13 D.L. 118/2021: «mentre nell’ambito applicativo della prima disposizione rientra ogni finanziamento infragruppo, la seconda fa riferimento soltanto ai finanziamenti c.d. “discendenti” (o “down stream”) dalla holding alle eterodirette od “orizzontali” (o “cross stream”) fra società sorelle. I finanziamenti “ascendenti” (o “up stream”), che società controllate abbiano erogato a favore della holding, non sono invece menzionati, verosimilmente in base all’assunto – per la verità non pacifico – che essi non sarebbero ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 2497 quinquies c.c., risultando perciò inutile disporne l’esenzione dalla postergazione». V., al riguardo, N. Abriani e L. Benedetti, La nuova disciplina della composizione negoziata di gruppo: un laboratorio della riforma, cit.
[13] 
Ancora L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, cit., osserva come «questo è l’unico caso in cui il legislatore vincola la destinazione di un atto di gestione al miglior soddisfacimento dei creditori, oltre che al perseguimento della continuità aziendale. Come si è visto, il dissenso dell’esperto in ordine agli atti di straordinaria amministrazione compiuti dall’imprenditore e ai pagamenti, non tiene conto di questi requisiti, ma dell’andamento delle trattative, delle prospettive di risanamento, del possibile pregiudizio dei creditori, non del loro miglior soddisfacimento». V. anche A. Dentamaro, La nuova finanza nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex d.l. 118/2021, cit.
[14] 
A. Rossi, Composizione negoziata della crisi d’impresa: presupposti e obiettivi, cit.
[15] 
Così V. Minervini, Il (necessario) ripensamento delle procedure concorsuali dopo il “lockdown: dal concetto di “insolvenza” a quello di “risanabilità”?, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 5/2020, p. 965 ss., il quale aggiunge come «L’accostamento fra insolvenza e risanabilità mi sembra coerente anche con l’esigenza di arricchire la tradizionale lettura in chiave microeconomica delle procedure concorsuali con una prospettiva di più ampio respiro e, dunque, di natura anche macroeconomica. Si potrebbe anzi dire che, mentre il giudizio di insolvenza esprime una valutazione che interessa in maniera diretta e immediata gli interessi (microeconomici) dei creditori, la prognosi di risanabilità riguarda anche l’interesse macroeconomico a reinserire l’impresa in difficoltà nel sistema produttivo nazionale».
[16] 
V. ancora V. Minervini, Il (necessario) ripensamento delle procedure concorsuali dopo il “lockdown: dal concetto di “insolvenza” a quello di “risanabilità”?, cit., p. 965 ss., il quale bene aveva già evidenziato come «il giudizio di “risanabilità” si fonda su un concetto tecnico (e certo non “giuridico”) proprio delle scienze aziendalistiche, che risulta di per sé sfuggente, essendo non assoluto ma relativo e pertanto intrinsecamente opinabile (in quanto variabile in funzione delle assunzioni di base), e spesso anche indeterminabile con certezza a priori. Ciò che può indurre il giurista tradizionale quanto meno ad una giustificabile perplessità. Infatti, un’impresa che qualcuno potrebbe giudicare “da liquidare”, potrebbe diventare invece “risanabile” (e anzi profittevole) su presupposti diversi, modificando o diversamente combinando i fattori della produzione (ad es. attraverso la riconversione di impianti e/o della forza lavoro), in funzione della realizzazione di un’idea o di un’attività economica anche diversa, in tutto o in parte, da quella precedentemente svolta (è solo in funzione di un programma imprenditoriale dato che può significativamente esprimersi un giudizio attendibile e soprattutto verificabile sulla risanabilità e su quale possa o debba dunque essere il destino dell’impresa in crisi)».
[17] 
V. Minervini, Il (necessario) ripensamento delle procedure concorsuali dopo il “lockdown: dal concetto di “insolvenza” a quello di “risanabilità”?, cit., p. 965 ss., che, seppur prima del D.L., evidenziava come fosse «necessario cambiare passo: e deve essere un passo cadenzato su ritmi che possano essere mantenuti anche nel medio periodo, con l’adozione di doverosi accorgimenti atti a bilanciare, in maniera equilibrata, le esigenze (considerate sin qui assorbenti) di “protezione” dell’impresa in crisi con l’interesse dei creditori a non veder sospesi o pregiudicati irragionevolmente, sine die, i propri diritti».
[18] 
Ai sensi dell’art. 5 D.L. 118/2021, infatti, l'esperto, accettato l'incarico, convoca senza indugio l'imprenditore per valutare l'esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall'organo di controllo e dal revisore legale, ove in carica. L'imprenditore partecipa personalmente e può farsi assistere da consulenti. Se ritiene che le prospettive di risanamento sono concrete l'esperto incontra le altre parti interessate al processo di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata. Se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all'esito della convocazione o in un momento successivo, l'esperto ne dà notizia all'imprenditore e al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che dispone l'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata.
[19] 
A. Rossi, I presupposti della CNC, tra debiti dell’imprenditore e risanamento dell’impresa, su www.dirittodellacrisi.it, 30 novembre 2021.

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