Per meglio comprendere, è utile svolgere qualche considerazione in ordine al presupposto oggettivo di applicazione della disciplina della composizione negoziata della crisi ed al ruolo svolto, con riguardo ad esso, dall’esperto indipendente di cui all’art. 2 D.L. 118/2021.
Sotto il profilo oggettivo, recita il primo comma dell’art. 2 D.L., che alla procedura possono accedere gli imprenditori che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa [4]. Come precisato nella Relazione illustrativa al D.L. 118/2021, si tratta delle imprese che hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato anche attraverso la cessione d’azienda o di un ramo di essa.
Dalla disciplina introdotta, con riguardo al presupposto oggettivo applicativo, si evincono tre condizioni applicative:
- lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario
- la probabilità della crisi o dell'insolvenza
- la ragionevole perseguibilità del risanamento dell'impresa.
L’art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 ha introdotto una ulteriore forma di patologia dell’impresa che, per quanto osservato in dottrina, «con il suo riferimento alle dimensioni patrimoniale, economica e finanziaria, spazia attraverso tutto ciò che genericamente viene ricondotto ad una situazione di difficoltà (in senso atecnico) del fare impresa» [5]. Di estrema importanza è dunque il secondo presupposto richiesto dalla medesima disposizione ovvero trattarsi di uno squilibrio che rende probabile la crisi o l’insolvenza.
Volendo utilizzare la terminologia contenuta nel C.C.I. (evidentemente nota al redattore del D.L.), è necessario rifarsi alle lett. a) e b) dell’art. 2 C.C.I., che rispettivamente definiscono lo stato di crisi come «lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate» e lo stato di insolvenza come «lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni».
Il quadro normativo che emerge non è in vero dei più chiari. Lo squilibrio di cui all’art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 dovrebbe infatti coincidere con una situazione che rende probabile (a) la crisi di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I. o (b) l’insolvenza di cui all’art. 2, lett. b), C.C.I.
Se si considera che la crisi di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I. è di per sé comunemente intesa quale situazione di probabile insolvenza ex art. 2, lett. b), C.C.I., si dovrebbe concludere che la prima situazione di squilibrio presupposta dalla procedura è quella che rende probabile la (crisi ovvero) la probabilità di insolvenza [6]. Ed ancora, se lo squilibrio oggetto di disciplina è anche quello che rende probabile l’insolvenza ex art. 2, lett. b), C.C.I. [e poiché nella crisi dell’art. 2, lett. a), C.C.I. si vede una probabilità di questa insolvenza], la seconda situazione di squilibrio che ex art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 rende probabile l’insolvenza coinciderà con la crisi stessa di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I.
Ne deriva che la procedura di composizione negoziata della crisi cui l’imprenditore potrebbe accedere (o dovrebbe accedere, per quanto oltre si vedrà, ai sensi dell’art. 15 D.L. 118/2021) coprirebbe un arco temporale che va dalla probabilità della crisi di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I. (e sarebbe questo un arco temporale fino ad oggi sprovvisto di una disciplina ad hoc) alla crisi stessa di cui all’art. 2, lett. a), C.C.I.
Quanto meno la lettera dell’art. 2, primo comma, D.L. 118/2021 sembra perciò escludere dall’ambito applicativo della procedura di composizione negoziata della crisi le imprese in stato di insolvenza ex art. 2, lett. b), C.C.I. ed in questi termini parrebbe deporre anche l’opzione in sede di conversione del D.L. 118/2021 di lasciare intatta l’originaria formulazione di questa disposizione a fronte della proposta modifica.
Si ricorda infatti che la proposta di modifica in sede di emendamento di questa disposizione prevedeva la sostituzione delle parole«in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza» con le parole «in stato di crisi o in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che la rendono probabile» e che, per quanto si legge nella motivazione all’emendamento, con questa modifica si intendeva eliminare il riferimento all’insolvenza in quanto concetto già ricompreso in quello di crisi così accentuando la funzione della composizione negoziata quale strumento di recupero delle imprese risanabili.
Deve tuttavia prendersi atto che l’impianto normativo è tutt’affatto che lineare e ciò ove si considerino altre disposizioni che depongono nel senso di ritenere incluse nel perimetro applicativo della disciplina anche le imprese insolventi, sempre che, prosegue l’art. 2, primo comma, D.L. 118/2021, risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa (condizione quest’ultima che, sebbene riferita ad ogni situazione di squilibrio, assume con riguardo all’insolvenza una vera e propria funzione di linea spartiacque tra imprese insolventi ammesse e imprese insolventi non ammesse).
Si considerino in questo senso non solo il decreto dirigenziale attuativo del 28 settembre 2021, ma anche l’art. 9, primo comma, D.L. 118/2021 come emendato in sede di conversione.
Si legge nella Sezione III, Protocollo di conduzione della composizione negoziata, paragrafo 2.4. che se l’esperto ravvisa, diversamente dall’imprenditore, anche a seguito dei primi confronti con i creditori, la presenza di uno stato di insolvenza, questo non necessariamente gli impedisce di avviare la composizione negoziata. Occorre però che l’esperto reputi che vi siano concrete prospettive di risanamento che richiedano, per essere ritenute praticabili, l’apertura delle trattative, perché dovranno essere valutate sulla base della effettiva possibilità di accordi con i creditori o di una cessione dell’azienda i cui proventi consentano la sostenibilità del debito. Si terrà conto del fatto che, a fronte (i) di una continuità aziendale che distrugge risorse, (ii) dell’indisponibilità dell’imprenditore a immettere nuove risorse, (iii) dell’assenza di valore del compendio aziendale, le probabilità che l’insolvenza sia reversibile sono assai remote indipendentemente dalle scelte dei creditori, e dunque che in questi casi è inutile avviare le trattative.
Ma si consideri anche l’art. 9 D.L. 118/2021 avente a oggetto la «Gestione dell’impresa in pendenza delle trattative». Recita il primo comma di questa disposizione che «Nel corso delle trattative l'imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa. L'imprenditore in stato di crisi gestisce l'impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell'imprenditore».