Il CCII, come novellato in attuazione della Direttiva 1023/2019, prende in considerazione e disciplina le modalità ed i limiti entro i quali ai soci possano essere riconosciuti gli effetti positivi del risanamento della società, attuato attraverso il concordato in continuità.
A differenza che nel concordato liquidatorio, nel quale l’intero patrimonio viene liquidato e ripartito ai creditori, nel concordato in continuità, una volta soddisfatti i creditori con il ricavato della continuità diretta e solo eventualmente della continuità indiretta[33], permangono elementi patrimoniali positivi materiali o immateriali, quali l’avviamento ed altri intangibles, che si consolidano nella società, rinnovandone la capacità produttiva e quindi accrescendone il valore.
Di conseguenza il valore delle azioni o delle quote potrà incrementarsi a favore dei soci che ne sono titolari. I soci possono aver concorso alla produzione di tale valore attraverso conferimenti, contributi a fondo perduto o apporti erogati in qualsiasi altra forma per sostenere la stessa ristrutturazione.
Nello stesso tempo, si deve tenere conto del fatto che alla produzione di tale valore hanno concorso in modo rilevante gli stessi creditori attraverso la partecipazione alle perdite, realizzata con l’accettazione della dilazione e della riduzione dei crediti prevista dal piano concordatario, secondo le diverse linee di intervento che può assumere la ristrutturazione del debito nella regolazione della crisi.
Le diverse attese dei creditori e dei soci richiedono dunque un meccanismo di conciliazione, che l’art. 120 quater, nell’attuazione della Direttiva 1023/2019, ha individuato: i) nella determinazione del valore risultante dalla ristrutturazione riservato ai soci anteriori alla presentazione della domanda; ii) nella previsione di un test di convenienza attivabile da parte dei creditori dissenzienti.
Tale valore riservato ai soci risultante dalla ristrutturazione, denominato valore effettivo, costituisce categoria del tutto nuova, che può essere definita quale risultato utile conseguente alla omologazione della proposta, la quale ha comportato effetti positivi sul valore delle partecipazioni e degli strumenti che attribuiscono ai soci il diritto di acquistarle.
Secondo la nuova disciplina introdotta in attuazione della direttiva europea, alla formazione di tale valore possono aver contribuito i soci stessi attraverso conferimenti e contributi a fondo perduto, che hanno evidentemente interagito con le previsioni del piano, agevolando il processo di ristrutturazione e quindi l’omologazione del concordato.
Il valore effettivo, che può essere riservato ai soci, è dunque determinato al netto degli apporti effettuati dai soci stessi per la ristrutturazione della società. Questo vuol dire che i soci godono degli incrementi di valore delle partecipazioni entro i limiti degli apporti effettuati: il socio fa proprio l’aumento di valore della sua partecipazione perché ha effettuato apporti nella stessa misura o in misura superiore.
Ma se il socio non ha effettuato apporti o li ha effettuati in misura ridotta, il risultato utile dell’incremento di valore della partecipazione deve essere contendibile con i creditori, i quali, accettando e sopportando gli oneri della ristrutturazione, hanno consentito la valorizzazione della società e quindi anche l’incremento di valore della partecipazione, di cui si avvantaggia il socio titolare della partecipazione stessa.
Il valore riservato ai soci è definito all’art. 120 quater, comma 2, ed è determinato al netto del contributo apportato dai soci stessi ai fini della ristrutturazione, in forma di conferimenti o di versamenti a fondo perduto.
Nella determinazione di tale valore si tiene conto dell’eventuale plusvalore che le partecipazioni hanno ricevuto per effetto della continuità. Questo viene definito dalla legge valore effettivo, in quanto esso è il valore che effettivamente deriva dalla continuazione dell’attività sociale, resa possibile dal concordato e quindi dal concorso di tanti fattori, tra i quali riveste un ruolo decisivo la partecipazione concorsuale delle perdite subita dai creditori.
Nello stesso tempo, il valore effettivo è contendibile tra i soci ed i creditori. Infatti, da un lato i soci accedono a tale valore, in quanto esso si incorpora proporzionalmente nelle partecipazioni sociali di cui sono titolari, dall’altro ai creditori è anche riconosciuto il diritto di fare proprio tale valore per mitigare le perdite subite dal concordato[34].
Il processo di contendibilità fa ricorso nella sostanza agli stessi principi e strumenti della distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione. Il piano, dopo aver determinato il valore effettivo conseguente all’omologazione, può attribuirlo ai soci anteriori alla ristrutturazione nella forma dell’accresciuto valore delle partecipazioni, di cui essi continuino ad essere titolari.
La correttezza di tale attribuzione di valore ai soci è suscettibile di essere valutata dai creditori secondo il sistema proprio del concordato in continuità, che rende i creditori stessi arbitri della sorte della proposta di concordato.
È necessario fare riferimento all’art. 112 che fissa le condizioni per l’omologa del concordato. A causa della più volte rilevata originaria carenza di sistematicità del CCII, questa norma, pur di portata generale, non prevede alcun riferimento al trattamento dei soci, la cui disciplina, anche a causa delle modifiche apportate con l’attuazione della Direttiva 1023/2019, è contenuta nei successivi art. 120 bis e segg. e soprattutto art. 120 quater, introdotti con il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83.
Secondo un necessario coordinamento dell’insieme delle norme citate, le modalità attraverso le quali può essere compiuta la valutazione dell’attribuzione del valore effettivo ai soci, debbono svolgersi all’interno del procedimento dell’approvazione e omologazione del concordato.
Al voto favorevole di tutti i creditori, espresso con l’approvazione della proposta di concordato da parte di tutte le classi di creditori (nelle quali obbligatoriamente i creditori sono suddivisi, art 85, comma 3), fa seguito l’omologazione del concordato, art. 112, comma 1. L’approvazione da parte di tutte le classi dei creditori comporta l’approvazione complessiva della proposta e conseguentemente con il voto unanime di tutte le classi dei creditori, risultano approvate anche le previsioni del piano relative all’attribuzione del valore riservato ai soci inteso come valore effettivo conseguente all’omologazione della proposta, art. 120, comma 3.
Se il concordato non risulta approvato da tutte le classi, si apre la possibilità della verifica del trattamento riservato ai soci, secondo il procedimento tratteggiato in via generale all’art. 112 comma 2 e quindi assorbente anche il test previsto all’art. 120 quater.
Diversi sono gli attori di tale procedimento di verifica: i) il debitore che richiede l’omologazione del concordato; ii) il tribunale che (come stabilito dalla prima frase dell’art. 120 comma 3 - fermo quanto previsto dall’art.112), dovrà procedere alle verifiche di cui alle lett. a), b), dell’art. 112, comma 2, e alla verifica di cui all’art. 120 quater, comma 1; iii) la o le classi dissenzienti in relazione alle quali si svolge il test di convenienza di cui all’art. 120 quater, co, 1, che ha per oggetto la comparazione del trattamento riservato ai soci, rispetto a quello riservato alla classe o alle classi di creditori dissenzienti, in relazione alla correttezza della attribuzione ai soci del valore effettivo.
Nel caso in cui una o più classi di creditori siano dissenzienti, l’esito positivo della comparazione apre alla omologazione, in quanto il concordato può essere omologato se il trattamento proposto a ciascuna classe di creditori dissenzienti sarebbe almeno tanto favorevole rispetto a quello proposto a creditori del medesimo rango e più favorevole di quello proposto alle classi di rango inferiore, anche se a tali classi venisse destinato il valore complessivamente riservato ai soci.
In questo caso non si tratta e non può trattarsi, di una mera diretta comparazione dei livelli monetari percentuali di soddisfazione, come avviene di norma nella comparazione del trattamento tra classi di creditori secondo i principi della relative priority rule ma piuttosto del calcolo di quanto verrebbe a modificarsi la percentuale di soddisfazione delle classi dei creditori del medesimo rango o di rango inferiore alla classe dissenziente, se a tali classi fosse stato attribuito il valore effettivo che il piano riserva ai soci.
L’incremento dell’attivo così virtualmente operato potrà comportare un incremento virtuale della percentuale di soddisfazione che tali classi avrebbero potuto raggiungere. Se, per effetto di tale incremento virtuale, la percentuale di soddisfazione della classe di pari grado o di grado inferiore, risulterà superiore a quello riservato alla classe dissenziente, il concordato non potrà essere omologato a causa dell’eccesso di valore effettivo attribuito ai soci. Se risulterà inferiore sarà omologabile, perché, nonostante l’attribuzione del valore effettivo ai soci, il livello di soddisfazione della classe dissenziente risulterà superiore al livello di soddisfazione virtuale delle classi di pari grado o di grado inferiore.
Si tratta di un test di convenienza, che viene attivato in caso di dissenso di una o più classi di creditori. Anche in questo caso è interesse del debitore, nel predisporre la proposta, valutare attentamente la possibilità che, in caso di mancata approvazione da parte di una o più classi e di persistenza dell’interesse all’omologazione del concordato, il trattamento riservato ai soci debba essere sottoposto al già descritto test di convenienza.
Inoltre, la natura di tale valore effettivo è strettamente inerente alle azioni o quote detenute dai soci anteriori alla presentazione della domanda. Esso, infatti, consiste nell’incremento di valore delle stesse azioni o quote ma si tratta di un valore non suscettibile di diretto trasferimento o redistribuzione.
L’attribuzione ai creditori potrà avvenire in modo più agevole in via indiretta, redistribuendo piuttosto che l’astratto valore effettivo, i titoli partecipativi che incorporano tale valore. Ciò potrà avvenire con specifiche operazioni societarie opportunamente previste, anche dettagliatamente, ex ante nella proposta e nel piano.
La proposta ed il piano a loro volta dovrebbero prevedere il procedimento di accertamento e quantificazione del valore effettivo, il quale, pur essendo definito dall’art. 120 quater, comma 3, come valore conseguente all’omologazione della proposta, deve essere in concreto verificato e quantificato in un momento avanzato o meglio ancora finale, nel quale le obbligazioni concordatarie sono state adempiute ed il valore effettivo risulta più esattamente valutabile.
Le componenti di tale valore effettivo risiedono nel valore dell’azienda ristrutturata per la quale dovrà essere prevista, già nel piano, una stima sulla base dei valori previsionali indicati nel piano industriale con possibilità di verifica ex post. Tale valore effettivo potrà essere articolato anche tenendo conto di una parte degli utili prodotti durante la continuità del concordato destinati a riserva, e questo se il piano avesse consentito di non destinarli ai creditori. In ogni caso concorrono alla determinazione del valore effettivo i valori immateriali, come i valori dei marchi e dell’avviamento che possono avere avuto incrementi significativi nel corso della procedura. In ogni caso ai soci è consentito di profittare del valore effettivo solo nei limiti di cui all’art. 120 quater, comma 3, dovendo la restante parte essere distribuita direttamente ai creditori secondo la graduazione e percentuali previste nel piano.
Lo stesso risultato può essere raggiunto con un aumento di capitale gratuito per un importo pari alla parte di riserve da destinare ai creditori e/o pari ai valori immateriali patrimonializzati ad es. per rivalutazione del marchio o dell’avviamento, ecc. Ai creditori potrebbero essere destinate quindi entità monetarie provenienti dai flussi formatisi nel corso della procedura ed anche diritti corporativi.
Il piano potrebbe prevedere un aumento di capitale gratuito di ammontare pari al valore effettivo con emissione di azioni da assegnare gratuitamente ai creditori secondo la consueta articolazione per classi, anche in misura non omogenea ma comunque nel rispetto della relative priority rule.
La distribuzione dei diritti partecipativi ai creditori ed il corrispondente annacquamento delle partecipazioni dei soci, consentirebbero di evitare che la misura del valore risultante dalla ristrutturazione, destinato ai soci, possa risultare prevalente rispetto al trattamento assegnato ai creditori nella graduazione delle diverse classi. Nello stesso tempo potrebbe consentire ai soci di fare proprio, nei limiti predetti, il valore risultante dalla ristrutturazione, stimolando quindi anche una partecipazione attiva dei soci alla ristrutturazione.
Anche in questo caso sono i creditori a verificare l’avvenuto rispetto della corretta destinazione del valore effettivo. Si tratta di un controllo eventuale, nel caso in cui la proposta di concordato non sia stata approvata dalla totalità delle classi dei creditori.
Nell’esaminare la proposta i creditori potranno verificare, anche sulla base della relazione del commissario, il rispetto dei principi che regolano il trattamento dei soci e pertanto orientarsi per l’approvazione o meno della proposta, dando luogo, in quest’ultimo caso, allo specifico controllo sulla corretta destinazione del valore effettivo, di cui al secondo comma dell’art. 120 quater.